“Il dolore può essere trasformato in amore”
Intervista a Marta Elena Duran Urzua, autrice del libro El tiempo de los naranjos

Intervista a Marta Elena Duran Urzua, autrice del libro El tiempo de los naranjos

"Chi è Marta quando non scrive...?"

Marta è una donna, madre di quattro figli maschi, nonna di due bambine italiane.

Vivo a Santiago del Cile, faccio parte dell’associazione “Hijos y Madres del Silencio” e sono guida internazionale di “Tribu Femenina”, una comunità di donne il cui obiettivo è aiutare altre donne a trovare il senso della vita, il proprio scopo.

Molti della mia associazione hanno subito qualsiasi tipo di violenza e questo spesso diventa un ostacolo nella vita delle persone. Non solo delle donne. Noi viaggiamo con la nostra comunità dando forza ad altre donne, consegnandole gli strumenti necessari per cambiare la propria vita.

Il tempo libero lo trascorro con la mia gente in Cile, creo circoli di donne anche qui, e offro agli altri gli stessi strumenti che sono serviti a me. Ora sto scrivendo un nuovo libro, ma una delle mie passioni è viaggiare! Viaggio ogni volta che ho la possibilità!

"Il tuo libro "Il tempo degli aranci" nasce da un grande dolore. Cosa puoi condividerci di questa parte della tua vita?"

Non ho mai pensato di raccontare il mio segreto. L’ho custodito per quasi quarant’anni. E non ho mai pensato di scrivere un libro. Questa storia inizia nel 2019 quando con l’arrivo di mio figlio Francesco ho un impatto di allegria e di grande felicità ma allo stesso tempo ho uno scontro con una  tremenda oscurità che mi obbliga a ricordare le notti più buie della mia anima, in cui prendo la forza per tornare alla mia infanzia per riscattarmi ed arrivare alla mia vita di oggi. Questo libro è un passaggio, racconta il mio percorso, dove mi prendo la responsabilità di sanare le mie ferite.

Perchè sono stata una bambina abusata fisicamente psicologicamente e sessualmente nel mio nucleo familiare e non ero cosciente del fatto che tutte le queste ferite che avevo subito mi avevano fatto percorrere la vita con tanti ostacoli. Per quarant’anni sono stata bulimica perché non sapevo come esprimere tutto ciò che mi era successo. Cercavo una cura ma non la trovavo, fino a quando, con l’arrivo di Francesco, mi sono trovata di fronte tutta la mia storia. Lui è diventato la luce arrivata per illuminare tutta la mia oscurità. Questo libro prende il lettore per mano e lo accompagna a ripercorrere la storia di questa bambina. Racconta dei tesori nascosti dietro ogni grande dolore che aiutano l’essere umano a cambiare, a trasformarsi. Tutti abbiamo questa capacità di trasformazione e tutti possiamo realizzarla.

"Come mai hai scelto questo titolo: "Il tempo degli aranci?"

Il titolo “El tiempo de los naranjos” nasce quando Francesco mi trova. Non ricordavo tante cose, la mia mente era bloccata. Erano passati quasi quarant’anni e molti ricordi erano bloccati. Quando rimasi incinta da piccola, mia madre mi portò in una casa per minori, dove sono ritornata quarant’anni dopo per cercare i miei ricordi persi e lì mi sono imbattuta in un cortile di aranci, dove mi sono resa conto che quella bambina fu una bambina resiliente. In quel cortile degli aranci io non ero cosciente perché vissi l’abbandono, la solitudine più grande che può vivere un bambino abbandonato dalla famiglia con una gravidanza infantile, abusata e dunque la mia vista si focalizzò su quel cortile degli aranci che fu una luce in quella oscurità. E mi resi conto di essere stata una bambina resiliente. Quando qualcuno mi chiede “quando hai vissuto questa storia?” io rispondo “Al tempo degli aranci” perché in Cile gli aranci crescono d’inverno e io ho vissuto questa storia durante l’inverno cileno e quando Francesco mi trova è l’inizio dell’inverno cileno.

"Mi hanno molto toccato le tue parole "Il dolore può essere trasformato in amore ..."

Sì, si può. Quando vai oltre la tua storia e ti consegni a qualcosa di superiore. Quando lo accetti e vivi il tuo percorso con consapevolezza, puoi osservare la tua storia in modo diverso. Ma prima di questo, per trasformare l’abuso in amore, ho perdonato me stessa. L’ho fatto per aver custodito così tanto odio, tanto rancore e tanto risentimento verso le persone che mi hanno fatto del male per anni e ho capito che questo faceva male solo a me stessa. E quando mi sono liberata li ho perdonati, non con quel perdono per sentirmi migliore di loro, ma per liberarmi da questo peso. Gli ho restituito la loro storia e mi sono liberata di questo processo.

Man mano che proseguivo nel cammino, il perdono diventava un processo interno di cui all’inizio non ero cosciente. Dopo qualche tempo ho iniziato ad accettare dentro di me la storia che ero stata costretta a vivere. E in questa accettazione sono passata ad una tappa molto più grande, che non si può credere, è la tappa della comprensione.

Comprendere perché un essere umano può fare del male ad un altro essere umano. Questo non significa che io abbraccerò l’aggressore, né lo ringrazierò, ma è per comprendere che nessuno ti fa del male gratuitamente, c’è sempre una storia dietro l’aggressore e c’è una storia dietro la vittima. Quando sono arrivata alla tappa della comprensione è nata dentro di me una pace infinita che oggi vive con me, mi sono liberata completamente e  vedo la mia storia come una storia bellissima d’amore.

"Che cos'è e cosa rappresenta per te Hijos y madres del silencio? "

“Hijos y Madres del Silencio”, per me, la prima parola è “un miracolo d’amore”, la prima cosa, ed è la connessione tra la luce e l’oscurità. Da quando Francesco mi ha trovata tre anni e mezzo fa, io continuo ad accompagnarli, continuo ad accompagnare quest’associazione perché gli do forza affinché non perdano mai la speranza, perché qui ci sono madri e figli che cercano, sono ricercatori per molti anni, donne che passano la vita a cercare i propri figli e figli che passano la vita a cercare le proprie radici. Perchè l’essere umano ha bisogno di conoscere le proprie radici. Da dove viene, qual è la sua storia e questo è un diritto umano, sapere dove apparteniamo, il senso di appartenenza.

Quindi io le accompagno e le accompagnerò sempre perché do loro la forza per non perdere la speranza che un giorno vivranno il loro miracolo d’amore come io lo vivo oggi.

"Quali sono i tuoi prossimi progetti?"

Dunque, come ti dicevo, cercare una casa editrice o qualcuno che mi aiuti o collabori con noi, per editare questo libro nella prima lingua più importante dopo lo spagnolo, l’italiano, affinché Francesco possa averlo nella sua lingua nativa e così le mie future generazioni, le mie nipoti italiane lo possano leggere nella propria lingua. Per me è molto importante anche andare avanti con la comunità di “Tribu Femenina”, sono stati molto importanti.

Il mio libro è su Amazon, è arrivato a varie comunità, diversi Paesi, e mi sorprendono i messaggi che mi scrivono le persone su ciò che ha provocato. Ha aiutato molte persone abusate durante l’infanzia che non hanno saputo come comunicare alle proprie famiglie l’abuso vissuto e che portano dentro. In questo libro hanno trovato un percorso che li conduce alla liberazione, alla pace, a trovare un cammino e capire che c’è una finestrella, una luce con la quale io mi posso curare.

"Cosa vuoi dire alle donne, anche in vista della giornata dedicata alla lotta contro la violenza sulle donne?"

Per me è importante che il mio messaggio continui a crescere, che l’abuso può essere trasformato, che posso curare, posso trasformare la mia storia. Uno dei progetti che più mi emoziona perché stiamo facendo dei piccoli passi in avanti qui in Cile è che voglio che il mio libro lo leggano le donne in carcere nel nostro Paese e non solo guardare al mio Paese ma a tutta l’America latina e che  queste donne abbiano la possibilità di leggere il libro perché io non ho il potere di cambiare nessuno, ma sì, posso essere un’ispirazione per molte persone, per molte donne che hanno vissuto ciò che ho vissuto io e addirittura cose peggiori. Dunque sì, uno può trasformare, è un percorso difficile ma dev’essere personale. Ogni essere umano ha il potere di prendere la decisione di trasformare la sua storia.

Per prima cosa dico che capisco la loro lotta, perché per anni è stata anche la mia, ma io parlo per me e dico che tutti, senza eccezione, dobbiamo assumerci la responsabilità di smetterla di sentirci vittime. Questo non vuol dire che non dev’esserci giustizia o risarcimento per loro, ma quando io smetto di sentirmi vittima posso dare un nuovo significato alla mia storia, posso guardarla diversamente. Non siamo ciò che ci è capitato, ma ciò che facciamo con quello che ci succede.

Non restare nel vittimismo di essere stata una bambina abusata, colpita, maltrattata, non andrei avanti. La responsabilità di ogni essere umano è curarsi per aumentare il nostro stato di coscienza e poter aiutare gli altri. Non rendere l’abuso più grande ma convertirlo in un’energia d’amore. So che è difficile ma avendolo sperimentato io le incoraggio a lavorare sulle ferite perché questa è la responsabilità di ogni essere umano. Siamo state vittime ma non possiamo essere vittime per tutta la vita. Quando uno è vittima non va avanti, non supera. Qui in Cile mi hanno invitato nei vari gruppi e mi ripetono una frase “bisogna essere coraggiosi”, sì, bisogna essere coraggiosi.

Io so che nella tua comunità e in molte comunità di donne ci sono migliaia di coraggiosi e io so che gli arriverà il mio messaggio perché la mia storia è la storia di migliaia di donne. È questo ciò che ci unisce. La mia storia non è solo mia, è di migliaia di donne che hanno subito l’abuso in modi diversi.